Smoke management nei luoghi con bassa presenza di comburente

Le biblioteche sono uno dei beni più preziosi dell’umanità, luoghi in cui da sempre il sapere viene studiato, tramandato e soprattutto custodito. Si stima che solo in Italia ce ne siano oltre 7.400 tra pubbliche e private, alcune delle quali, come le biblioteche nazionali di Firenze e Roma, racchiudono milioni di volumi. Purtroppo però, tutto questo sapere, essendo principalmente in carta, risulta infiammabile e molto pericoloso, soprattutto se non si prendono le dovute attenzioni in fase di progettazione.

In questo articolo approfondiremo quindi un particolare approccio alla progettazione dei sistemi di controllo del fumo e del calore di tipo forzato, la cui applicazione ben si adatta a particolari tipologie di locali come magazzini, archivi o in generale compartimenti molto piccoli con un elevato carico di incendio (come le biblioteche).

L’introduzione del Codice di Prevenzione incendi DM 03/08/2015 e la successiva modifica del DM 18/10/2019, ha messo in luce la dimensione principale del professionista che, nella progettazione delle misure di prevenzione incendi, è spinto ad attuare un approccio prestazionale, superando i vecchi concetti delle regole tecniche prescrittive.

Tra le altre cose questo vuol dire che, se non è possibile utilizzare soluzioni conformi, la maggior parte delle soluzioni alternative possono essere gestite con un approccio ingegneristico, cioè con una metodologia derivante da un confronto scientifico con il problema in cui il progettista deve mettere in campo tutti gli strumenti intellettuali in suo possesso.

Questo approccio ingegneristico non deve spaventare, perché il termine è molto spesso erroneamente associato a modelli di calcolo computazionale, mentre nella maggior parte dei casi il problema può essere gestito a un livello molto più semplice utilizzando unicamente l’ingegno e il bagaglio tecnico del professionista con l’ausilio di semplici strumenti algebrici.

Una premessa doverosa prima di scendere nei particolari dello specifico smoke management, va fatta nell’ottica della RTO DM 18/10/2019, in merito alla misura S.8 “Controllo di fumi e calore”.

Il principale parametro che va a individuare gli obiettivi da raggiungere con la nostra progettazione è il “livello di prestazione” che definisce la specifica oggettiva della prestazione richiesta all’attività per realizzare la misura antincendio, in poche parole stabilisce la finalità del sistema di controllo dei fumi che andremo a progettare.

Volendo attribuire un livello di prestazione ai locali oggetto del nostro approccio, quindi compartimenti molto piccoli e con un elevato carico di incendio, è verosimile definire un livello II, quindi il solo smaltimento dei fumi al fine di facilitare le operazioni da parte delle squadre di soccorso.

Il livello di prestazione III, finalizzato alla salvaguardia degli occupati ed eventualmente dei beni, è di improbabile attribuzione dato che, solitamente questi locali (archivi, magazzini, depositi…), presentano un affollamento minimo e saltuario di solo personale addestrato, hanno dimensioni ridotte con i relativi vantaggi in relazione all’esodo e alla rivelazione. Ciò rende quindi l’attribuzione di un livello di prestazione III inutile oltre che tecnicamente inapplicabile.

Entrando nello specifico del dimensionamento andiamo ora ad analizzare le caratteristiche dei locali che ci permetteranno di fare le nostre assunzioni progettuali:

  • Ridotte dimensioni;
  • Unico compartimento al fuoco;
  • Assenza di aperture di ventilazione e in generale di finestre;
  • Bassissimo affollamento e caratteristiche prevalenti degli occupanti δcc =A (occupanti in stato di veglia e con familiarità dell’edificio).

Il concetto fondamentale su cui si basa l’approccio che vogliamo proporre è quello alla base della combustione e della prevenzione incendi, cioè il triangolo del fuoco.

Come ben sappiamo la combustione si basa sulla presenza concomitante di tre fattori, il combustibile, il comburente e l’innesco; e appunto i locali con le caratteristiche sopraelencate sono contraddistinti da una carenza di comburente dovuta alle dimensioni limitate, all’assenza di aperture di ventilazione e alla caratteristica REI che ne limita i possibili trafilamenti dell’involucro.

Per comprendere questo concetto portante è necessario aver ben chiaro l’andamento di un incendio naturale, in particolare la fase di propagazione in cui la combustione evolve in maniera quadratica fino a un valore di potenza termica massima (HRRmax), poco prima del quale solitamente si ha il fenomeno del flashover e successivamente uno stato stazionario in cui la combustione è controllata dal comburente.

In un ambiente in cui la presenza di aria, e quindi di ossigeno, è estremamente limitata, il passaggio da un incendio controllato dal combustibile a uno controllato dal comburente avverrà in tempi molto ridotti, e l’assoluta mancanza di apporto dall’esterno di nuovo comburente (totale assenza di ventilazione) porterà immancabilmente a una conseguente estinzione della combustione.

smoke management per la prevenzione incendi

È evidente quindi che l’attivazione del sistema di smaltimento fumi dovrà avvenire solo dopo che l’incendio si sarà auto estinto e che, una sua prematura attivazione, non comporterebbe in alcun modo un vantaggio ma solo un aggravio dello scenario di incendio.

Tale metodo progettuale deve essere chiaramente validato e dimensionato effettuando le seguenti valutazioni:

  1. Tipologia e classificazione dei componenti alla luce della resistenza al fuoco durante lo scenario di incendio e nella fase post- scenario;
  2. Verifica del reale leakage dell’involucro;
  3. Integrazione con le procedure di Gestione della sicurezza antincendio (misura S.5 della RTO);
  4. Determinazione del tempo di attivazione del sistema di controllo dei fumi;
  5. Portata di estrazione e di immissione.

Andiamo ora ad approfondire ogni singolo punto:

Tipologia e classificazione dei componenti

La selezione dei componenti e la loro relativa classificazione al fuoco rimane sempre vincolata della marcatura CE secondo la famiglia delle norme UNI EN 12101, ma deve essere approfondita alla luce dell’intervento temporale all’interno della curva di incendio. La valutazione più importante deve essere fatta in merito alla selezione delle serrande di controllo fumo, che saranno sempre a comparto multiplo data la necessità del mantenimento della compartimentazione edile del locale ma, dato che la possibilità di attivazione del sistema è demandata a un intervallo temporale successivo al tempo zero di rivelazione, occorre valutare la necessità di utilizzare serrande del tipo MA “manuale”, cioè componenti che possono entrare in funzione (aprire/chiudere) fino a 25 minuto dopo l’inizio dello scenario di incendio.

Anche per quanto riguarda le condotte è possibile fare uno specifico ragionamento in funzione dell’istante temporale lungo la curva di incendio nel quale avranno funzione attiva.

Se la movimentazione dei fumi avverrà unicamente a scenario di incendio concluso potrà essere valutata la possibilità che venga meno la necessità del mantenimento della compartimentazione REI del locale. In questo caso sarà possibile utilizzare condotte a comparto singolo per allontanare i fumi dal locale dato che a incendio concluso verrebbe meno l’obbligatorietà di conservare la resistenza al fuoco dell’involucro.

Verifica del reale leakage

È facile intuire che per attuare una strategia del controllo della combustione sia necessario sigillare il locale al fine di minimizzare il leakage. Quindi l’eventuale impianto aeraulico dovrà essere immediatamente spento e assicurato l’intervento delle serrande tagliafuoco al tempo zero di rivelazione e inoltre dovrà essere assicurata la sigillatura di tutti gli attraversamenti architettonici degli altri impianti presenti, come canaline elettriche o tubazioni.

Integrazione con le procedure di Gestione della sicurezza antincendio (misura S.5 della RTO)

Non bisogna dimenticare che un approccio ingegneristico su una specifica misura antincendio, perché è questo quello che qui stiamo facendo, deve essere verificato trasversalmente con tutte le altre misure che vanno a intersecarsi nella progettazione. Nel nostro caso specifico l’attivazione del sistema di controllo dei fumi deve essere subordinata all’operatività di una squadra di intervento che potrà avviare il sistema solo dopo un determinato tempo. In alternativa l’attivazione potrà essere di tipo automatico dopo un preciso delay definito in fase di progettazione in funzione del tempo calcolato di spegnimento del focolaio di incendio. In entrambi i casi la squadra di intervento dovrà essere addestrata a gestire eventuali residui di focolai di tipo smouldering, cioè incendi covanti, molto probabili nel nostro caso in cui la curva di incendio viene controllata per mancanza di comburente.

Determinazione del tempo di attivazione del sistema di controllo dei fumi

La parte più importante su cui si basa l’intero approccio progettuale è costituita dalla determinazione del tempo necessario alla curva di incendio per raggiungere il punto in cui l’heat release rate raggiunge il suo massimo e il successivo tratto di decrescita che va a toccare lo zero al tempo in cui la percentuale di ossigeno si abbassa sotto la soglia minima di combustione dell’11%.

Chiaramente si può escludere la possibilità che insorga il flashover data la scarsità di comburente presente.

Nel vogliamo scendere nei particolari del calcolo ma un approccio algebrico basato sulla quantità di ossigeno consumato in funzione del calore di combustione riferito all’aria, che è pressoché costante a prescindere dalla tipologia di combustibile, può essere più che sufficiente per definire un tempo massimo di combustione, a cui va aggiunto sempre un adeguato margine di sicurezza.

Sarà questo il tempo dopo cui si dovrà attivare il sistema di smaltimento fumi e a cui le squadre di intervento debitamente formate e attrezzate potranno accedere al locale.

Portata di estrazione e di immissione

A questo punto il calcolo della portata di estrazione e della relativa immissione diventa estremamente banale, perché strettamente legato a un discorso di lavaggio del locale e di diluizione dei gas presenti, e riferito a una produzione di fumo pressoché azzerata il cui obiettivo sarà di allontanare unicamente i volumi presenti nel locale.

Una soluzione che può essere presa in considerazione per quanto riguarda l’immissione è quella di utilizzare la porta di accesso al locale per l’afflusso di aria a compensazione dei volumi estratti. Tale valutazione deve essere fatta alla luce del termine della necessità di mantenimento della compartimentazione dovuta alla fine dello scenario di incendio ed eventualmente supportata da un ulteriore calcolo della velocità di transito alla porta tale da evitare che i fumi possano riversarsi nel corridoio.

A conclusione possiamo dire che questo articolo vuole solo essere esemplificativo di un possibile smoke management all’interno di un approccio ingegneristico più ampio, a dimostrazione che le opportunità aperte per il professionista con l’introduzione del Codice di Prevenzione incendi sono quasi infinite, dato che viene lasciata la possibilità di seguire qualsiasi approccio alternativo con la sola condizione di giustificare tecnicamente e ingegneristicamente il raggiungimento dell’obiettivo prefissato.

Il vincolo alle possibilità progettuali è dato solo dai limiti della nostra conoscenza tecnica, del nostro ingegno e soprattutto dalla forza della nostra volontà. Se riusciamo ad andare oltre il mero tecnicismo e immaginiamo un nuovo modo di fruire questi locali, scopriremo soluzioni sempre nuove e interessanti da applicare al nostro lavoro.

Disclaimer

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