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Due secoli di smoke management: come è cambiata questa professione

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Due secoli di smoke management: come è cambiata questa professione

Discussioni Tecniche
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La storia dello smoke management non è sempre trattata dagli esperti di questa materia e questo è un male. Studiandola si scoprirebbe non solo il lato tecnico della questione, ma anche quello delle competenze e del mindset che servono per attuarlo.

Oggi vedremo insieme questi cenni storici, a quali normative si fa riferimento e soprattutto come è cambiata la percezione della tematica Smoke Management nel tempo.

Parto da quella che fra me e me ho ribattezzato “analogia del commercialista”.

Niente paura, non intendo parlarne male, anzi…tutt’altro!

Quella del commercialista è una figura emblematica: da sempre percepita come “freddo burocrate che sa far di conto” in realtà, a ben vedere, può anche essere un prezioso alleato se utilizzato in sinergia con quelli che sono i nostri obiettivi.

Ed ecco che allora mi sono sentito molto commercialista, nel senso che anche io in quanto esperto di Smoke Management posso scegliere se rispettare ciecamente dei dettami di legge, oppure se fare in modo che questa mi venga in aiuto nell’espletare il mio lavoro.

È con questo cambio di prospettiva che ti chiedo di approcciarti a quanto sto per dire.

Si tratta di una storia che sembra mi faccia prendere la deriva… ma poi… poi torno.

Immagina la scena: Vienna, fine ‘800.

Al Wiener Staatsoper si sta per svolgere la replica del Don Giovanni di Mozart di fronte ad un pubblico da tutto esaurito: 2.260 posti.

Il magnifico teatro è realizzato completamente in legno, sontuosi drappeggi rivestono le pareti ed il sipario, mentre l’unica illuminazione possibile è quella delle centinaia di candele presenti. Riesci ad immaginare i suoni, le luci, l’atmosfera e l’energia…magico vero?

Bene, fotografiamolo ora con un occhio meno poetico e più ingegneristico: un pericolo considerevole non trovi? Tutto materiale infiammabile capace di trasformare il teatro in una gigantesca palla di fuoco in ogni momento.

Questa situazione ha rappresentato, già due secoli fa, una delle prime grandi sfide dello smoke management.

L’esempio proposto non è casuale, ed ecco che torno sul tema, in quanto il primo approccio conosciuto a questa disciplina risale al 1881 quando, a seguito di un gravissimo incendio in un altro teatro di Vienna, la società degli ingegneri austriaca decise di condurre studi approfonditi e prove in scala ridotta per poter determinare il comportamento del fumo e capire quali metodi utilizzare per controllarlo, proteggendo al contempo gli occupanti degli edifici più a rischio.

Il risultato di tali studi furono i primi cupolini, cioè aperture naturali destinate all’evacuazione dei fumi prodotti dall’incendio al fine di permettere agli occupanti di allontanarsi in sicurezza.

Proprio agli albori, quando iniziai in questo settore, circa venti anni fa, sono partito da un sistema di EFC fatto sostanzialmente da cupolini e finestre che mettevamo nei capannoni.
Questi permettevano all’occupante di scappare, cioè di esodare, e dava modo ai vigili del fuoco di avvicinarsi all’incendio purché non ci fosse il crash della struttura.

Questo era l’approccio professionale con cui io sono nato e con cui ho vissuto per tanti anni: l’evacuatore di fumo era ciò che sistematicamente si andava a mettere in magazzino, cioè dove c’era un elevato carico di incendio.

Pian piano, negli anni, la normativa si è evoluta (su questo argomento ho anche realizzato un video specifico nel mio canale YouTube che ti invito a guardare) fino a diventare una risposta alle nostre esigenze. Esatto, non più insegnamento o limite, ma qualcosa a cui interessarci per risolvere dei problemi. L’avevi mai considerata così?

La prima versione della normativa risale agli anni ‘60 e venne redatta dal corpo dei vigili del fuoco. Questa normativa si basava su ciò che i vigili vedevano al momento dell’intervento, cioè dopo circa 20 minuti dall’origine dell’incendio.

E tutto quello che succedeva prima? Che conoscenza avevamo in quei primi anni ‘60 di quei primi 20 minuti iniziali dell’incendio?

Questa realtà oggi giorno è cambiata in modo incredibile.

Ormai abbiamo videocamere ovunque per vedere cosa accade, basti pensare a grandi incendi che si sono presentati nella storia, dalle Twin Tower al grattacielo di Dubai, fino ad altre realtà dove le videocamere ci hanno raccontano istante per istante l’evoluzione dell’incendio in ogni sua fase, come purtroppo abbiamo assistito di recente anche nei grattacieli di Milano e Torino.

Non abbiamo più solo l’esperienza diretta – permettimi di dire senza offesa ma anzi con affetto – del pompiere che interveniva, ma abbiamo anche la possibilità di avere valutazioni addirittura predittive.

Se parliamo di Ingegneria della sicurezza antincendio abbiamo un qualcosa di predittivo sul comportamento anche di quei primi 20 minuti che, in sostanza, ci fa conoscere la parte che più coinvolge gli occupanti in diretto pericolo durante le fasi di esodo. 

Conoscendoli abbiamo capito che non sono solo le fiamme che ci devono spaventare, anzi, è più il fumo. Ecco che allora, mentre prima parlavamo, ante ‘98, di EFC, oggi siamo qua a parlare di smoke management, non di “Problema del fuoco” o di “problema dell’incendio”, ma gestione del fumo.

E scopriamo che il Fumo non è “fumo” punto e basta, ma ha tante sfaccettature, comportamenti e situazioni che di volta in volta diventano differenti.

Dato che personalmente vengo dal mondo della ricerca lavorando in collaborazione con università e Laboratori europei, in tanti mi chiedono: Qual è il miglior impianto di gestione del fumo?

Rispondere in maniera univoca è come decretare quale sia la migliore automobile. Certamente Ferrari e Lamborghini sono belle auto, ma assolutamente non adatte per andare a sciare con la famiglia. La risposta univoca non c’è per l’auto, così come per l’impianto spk per un motivo: questa dipende dalle condizioni di contorno al mio specifico caso. 

Da questi elementi iniziamo a capire che quell’EFC che io, in modo un po’ nostalgico, un po’ provocatorio, ho menzionato ad inizio discorso, diventa riduttivo perché, conoscendo più approfonditamente l’incendio (come si sviluppa, come si comporta, come si rappresenta, come si quantifica) abbiamo veramente tantissime variabili a cui fare fronte. 

Come dicevo, ormai tutti sappiamo che il fumo è fatto da aerosol, che è fatto da liquidi, ma sappiamo come il fumo influisce sull’esodo in base alle sue caratteristiche? Sappiamo se ci sono inquinanti che fanno crollare la velocità di esodo? Ci chiediamo quale sia il contributo degli irritanti (oltre che della shud density)? Il materiale che brucia produce sostanze tossiche?

Più entriamo nell’argomento e più la cosa si complica. 

Allora non è più l’EFC che installo nel magazzino con tanto carico di incendio che avevo all’inizio, è una gestione della sicurezza delle persone, gestione dell’esodo, grazie al decreto controlli appena recepito si inizia a parlare di gestione della manutenzione, quindi non si può più ignorare la gestione dello fumo, o appunto smoke management.

Quindi ecco ancora una volta che è ancora più importante capire che questo smoke management non è limitato a “faccio un impianto ed ho risolto il problema”, è tutt’altro!

Anche il posizionamento dell’evacuatore di fumo e calore va considerato, perché in un capannone industriale alto 12 metri la saturazione del fumo sarà più lenta che in un corridoio di albergo alto 2,7 metri (o meno) dove è quasi istantanea.
Senza un sistema di corretta gestione del fumo stiamo relegando le persone a non riuscire ad effettuare l’esodo.

Dobbiamo smetterla di pensare solo ed esclusivamente in termini geometrici ma dobbiamo iniziare a pensare in termini che il fuoco “è lui”, non è come noi lo rappresentiamo.

Se vogliamo fare una corretta strategia dell’incendio, la prima cosa non è applicare a testa bassa la norma UNI 9494 parte 1 parte 2 o parte 3, perché le norme ci parlano di tanti sistemi, tutti diversi ed ognuno utile per un certo obiettivo. 

Dunque, riprendendo il tema principe, dobbiamo iniziare a capire che noi professionisti, con l’ausilio dei VVF, dobbiamo studiare l’incendio, i suoi problemi ed ecco che allora troviamo le giuste soluzioni, che non necessariamente sono quelle più costose, ma sicuramente devono essere efficaci. Un approccio totalmente diverso da quello usato in passato.

Non esiste la tecnologia perfetta, esiste quello che noi dobbiamo studiare della tecnologia adatta al singolo caso, non dimenticandoci che il fuoco è una cosa complessa e quindi anche la soluzione della cosa complessa è a sua volta complessa. 

Possiamo pure schematizzare, ma non abbiamo più la possibilità di progettare come si faceva vent’anni fa, col pilota automatico della normativa antincendio a dirci ce l’ho, ce l’ho, manca… allora in questo caso basta fare quello che manca e sono apposto!

Vent’anni fa un’attività era sicura quando era a norma, ma questo concetto con il codice è cambiato.

Oggi l’attività non è sicura quando è a norma, ma quando garantisce il sicuro esodo degli occupanti e al contempo fa raggiungere gli obiettivi, non solo per quanto riguarda il soccorso, ma anche di compartimentazione dell’incendio.

Per fare questo la cosa si complica un po’ di più: devo iniziare a conoscere l’incendio, devo conoscere tutte le variabili che esso comporta e per affrontarle ho a disposizione tanti metodi completamente diversi l’uno dall’altro (quindi non solo il vecchio caro EFC).

Capisco perfettamente che quantificare questi metodi non sia sempre semplice. Oggi il codice ci dà una soluzione precotta che io chiamo “Quattro salti in padella”: fa ottenere un risultato discreto, rapidamente e con poco sforzo.

Ma per preparare una bella cena o un bel pranzo è meglio mettersi lì a tirare la sfoglia. 

Certo costa fatica, ma, oltre che essere buona, alla fine dei conti è costata sicuramente meno, e si adatta meglio alle specifiche esigenze.

Allo stesso modo posso spingermi oltre e cucirmi una soluzione di smoke management su misura anche con uno studio FSE in cui investirò più soldi per la progettazione, ma in termini di opere di adeguamento saranno soluzioni molto più efficaci perché sono dimensionate ad hoc.

Questo per dire che la progettazione che dobbiamo fare è un’opera intellettuale che deve essere ben bilanciata alla risoluzione del problema, non una semplice risposta alla norma, né un sistema gigantesco (spesso non necessario o da ridurre).

Comprendi bene che il sistema sprinkler, il sistema dimensionato con la FSE, l’evacuatore di fumo, la rivelazione incendi… non sono l’obolo da pagare ai vigili del fuoco. Sono i sistemi che fanno la differenza tra la vita e la morte, e che, come tutti i sistemi, devono passare attraverso una cultura che si è evoluta molto nel tempo, all’incirca da quei teatri viennesi che accennavo in apertura fino ad oggi, dandoci maggiore libertà nella progettazione.

Vogliamo avvalerci di queste libertà?

Allora conosciamo l’incendio e calcoliamone correttamente la quantità di fumo.

Concediamoci queste libertà, magari non sull’esodo ma sullo SMOKE MANAGEMENT che, come abbiamo visto, è un’evoluzione normativa che cambia a causa di una complicazione nel processo, ma ci mette parzialmente nella condizione di fare le cose davvero bene.

Questo blog post è in parte un forte sfogo personale, perché vivo queste cose con grande passione e coinvolgimento emotivo, ma sono certo condividerai quanto sostenuto.

In fondo non dobbiamo mai dimenticare che col nostro lavoro stiamo salvando vite umane. 

A presto con altri blog post come questo!

AUTORE DELL’ARTICOLO
Alessandro Temperini
Responsabile Tecnico

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